Bio

Andrea Cusumano è nato a Palermo nel 1973.

Si è formato come psicologo clinico all’Università di Palermo, come scenografo al Central Saint Martins College of Art and Design di Londra, ed ha conseguito il dottorato in Scienze Teatrali Musicali e Spettacolari all’Università di Ferrara. Ha seguito diciasettenne i corsi di disegno e pittura di Georg Eisler e poi quelli di pittura gestuale di Hermann Nitsch alla Internationale Sommerakademie di Salisburgo.

Tra il 2004 ed il 2017 ha insegnato a Londra come professore associato in Scenography e Visual Theatre al Central Saint Martins ed al Goldsmiths College, come ricercatore al Rose Bruford College e come visiting tutor ed external examiner al Central School of Speech and Drama, alla University of Demontfort di Leicester ed alla Open University. Tra il 1997 ed il 2002 è stato assistant professor alla ISA di Salisburgo nelle classi fluxus di Geoffrey Hendricks, action painting di Hermann Nitsch e pittura di Jacobo Borges.

Cusumano è un artista poliedrico e multidisciplinare: è pittore e scultore, performer e regista. La sua ricerca e sperimentazione si è concentrata particolarmente sulle potenzialità drammaturgiche dello spazio e sulla molteplicità delle interazioni spaziali e prossemiche tra pubblico e azione scenica, sia in ambito installativo che performativo e drammaturgico. Tra il 1994 ed il 2004 ha sviluppato un progetto di installazione site-specific dal titolo Installazione dei Morti, attraverso cui ha esplorato il potenziale drammaturgico dello spazio. Una sorta di teatro congelato e della memoria che rimanda ai calchi in gesso di Pompei ed alle mummie delle catacombe dei Cappuccini di Palermo. La prima installazione la realizza alle Kasematten del castello Hohensalzburg di Salisburgo nel 1993, e successivamente alla chiesa di San Nicolo del Gurgo alla Vucciria a Palermo (1996), all’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles (1997), all’Angel Orensanz Centre di New York (1998), al castello di Prinzendorf (1999), alla Gallerie Hohelohe und Kalb e al Volpinum Museum di Vienna (2000), nelle cantine del Castello di Hollenburg e in un edificio abbandonato a Bregenz (2001), al parco minerario di Gavorrano ed alla centrale idroelettrica di Imst. L’ultimo lavoro del ciclo installativo, dal titolo “Does the artist fly around the world, or the world around him”, lo espone alla Letahby Gallery del Central Saint Martins a Londra nel 2004. Pubblicherà il suo primo testo di poesia drammaturgica L’Aurora dopo il tramonto nel 2006 con edizioni Morra di Napoli.

Fotografia di Karolina Ursula Urbaniak

Dal 1997 è inoltre direttore dell’orchestra del Teatro delle Orge e dei Misteri di Hermann Nitsch (Vienna), per il quale ha eseguito tutte le prime esecuzioni assolute tra l’altro il Zwei-Tage-Spiel a Prinzendorf, al Burghtheater di Vienna, al Schauspiel di Lipsia, alla Nationalgalerie im Hamburger Bahnhof di Berlino, all’Arsenale di Verona con l’Orchestra dell’Arena, alla Biblioteca Angelica di Roma, al Museo Nitsch in Bassa Austria,  alla Havana Biennial a Cuba ed alla Ex-Theresa a Mexico City.

Tra il 1997 ed 2003 vive a Vienna dove collabora alla realizzazione del 6-Tages-Spiel di Hermann Nitsch ed espone alla galleria Hohenlohe und Kalb, ed alla Sammlung Volpinum. In Italia espone alla Galleria Cattelani di Modena.

La sua ricerca sullo spazio e sul suo potenziale drammaturgico lo porta a fondare – tra gli altri insieme ad Uwe Brückner, Ludwig Fromm, Frank den Oudsten e Heiner Wilharm – la “ESI-European Scenography Initiative”, che raccoglie diversi ricercatori ed accademici europei sul tema della drammaturgia dello spazio e presenta la sua ricerca alla PQ Quadriennale di Praga. Si avvicina ed approfondisce la sua ricerca sull’autore polacco Taddeusz Kantor alla Cricoteka di Cracovia e instaura una stretta collaborazione con l’ex attrice del Cricot 2 Mira Rychlicka. Con lei esplora la possibilità di tradurre la sua ricerca sullo spazio in azioni teatrali realizzando il laboratorio “Drabina Jakuba” nel 2006 alla Galeria Krzysztofory di Cracovia ispirato a Le botteghe color cannella di Bruno Schulz. Lo spettacolo segna l’inizio di una collaborazione tra Cusumano e Rychlicka che porterà alla realizzazione di altri due spettacoli; Tumor foderato d’infanzia al Teatro Garibaldi – Union des theatre de l’Europe, spettacolo ispirato a La classe morta di cui Mira era stata una protagonista, ed un terzo spettacolo A funeral for Don Quijote in coproduzione con Richard Demarco, che è stato presentato a Cracovia, Edimburgo e Londra.

Dopo la morte di Mira Rychlicka, Cusumano porta avanti la ricerca su una drammaturgia ispirata al lavoro del Cricot 2, trasmettendone l’insegnamento. In particolare dirigerà il Kantor Project nel corso European Theatre Arts al Rose Bruford College, ed un workshop a Pontlevoy in collaborazione con Andrew Tsao e la University of Washington. Scrive gli esercizi per la monografia su Kantor edita da Routledge a cura di Noel Witts.

Nel 2008 realizza un laboratorio su “I Giganti della Montagna” di Pirandello alle Case Di Lorenzo a Gibellina e presenterà al festival Orestiadi lo spettacolo L’Amaro credo del mago Cotrone, che poi otterrà la prima pagina del Guardian al Festival di Edimburgo nel 2009 e che verrà anche presentato al Bharat Rang Mahotsav a New Delhi, ad Area10 a Londra ed allo Steirische Herbst Festival in Austria. Lo spettacolo segna l’inizio del suo lavoro registico, e lo porterà a scrivere realizzare gli spettacoli Clover’s Lost Petal, A funeral for Don Quijote, Petit Cheval Blanc. Parte della sua ricerca lo porta in India, ed in particolare in Kerala, dove tra il 2009 ed il 2013  si interessa ai riti performativi tribali ed alle antiche tradizioni trasmesse ancora alla scuola del Kalamandalam. Da questi studi deriverà il progetto drammaturgico TRAGÖDIA ispirato al dramma antico ed alle performance indiane del Theyyam, Tholpavakothu, Kathakali e Koodiyattam. Frutto di questa ricerca saranno le performances Il Principe (2014, Teatro Garibaldi-Union des Théâtres de l’Europe, Palermo), La Regina (2021, Villa Nitti, Maratea), ed Il Re (2022, Parco Archeologico di Akragas, Agrigento).

Parallelamente alla ricerca teatrale ed installativa, si confronta con i linguaggi della live-art e della performance con progetti come Praxis (2001) al celeberrimo Studio Morra di via Calabritto a Napoli, Le ali della farfalla in collaborazione con Marino Formenti per la rassegna “Corpus: Arte in Azione” a cura di Adriana Rispoli ed Eugenio Viola per il Napoli Teatro Festival al MADRE di Napoli, Cunto allo Spaeculm Cealestiale Festival della Fondazione Morra, Action Constraint I e II insieme a Thibault Delferirere e Giuseppe Lomeo allo Spazio Tre Navate a Palermo ed a New Cross a Londra, Cotronica al Shunt Vault a Londra, Terre… Forme… Terre al Rencontre Fes in Marocco e la collaborazione al progetto Embodied Language con Mithu Sen, a cura di Eugenio Viola, all’India International Centre di Nuova Delhi.

Tra settembre 2014 e febbraio 2019 torna a Palermo per ricoprire il ruolo di assessore alla Cultura gestendo tra gli altri i progetti Manifesta 12 – Il Giardino Planetario e Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018, e ideando la BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo.

Nel biennio 2020-21 è curatore artistico di Letterature Festival Internazionale di Roma, ed in questa veste cura dei lavori site-specific di Michal Rovner, MASBEDO, Marino Formenti, Tim Etchels e Virgilio Sieni alla Basilica di Massenzio ed al Palatino. In questo contesto mette in scena, insieme a Fabrizio Arcuri e con Moni Ovadia e Eshter Elisha, una versione teatrale della Ode Laica per Chibok e Leah del Premio Nobel Wole Soyinka.

Dal 2019 apre un nuovo atelier a Palermo ed inizia a lavorare ad un progetto di sintesi transdisciplinare che lo riporta alla bidimensionalità pittorica e che chiama significativamente Retablo, ispirandosi alla tradizione spagnola che traduceva la dimensione della drammaturgia liturgica in grandi pale d’altare inquadrate architettonicamente e frutto di un dialogo armonico tra diversi linguaggi.

Le sue opere sono presenti in diverse collezioni private internazionali ed al MAK-Museum fur Angewande Kunst di Vienna, al Museo delle Trame Mediterranee-Fondazione Orestiadi di Gibellina, alla Sammlung Volpinum di Monaco di Baviera, la Collezione Cattelani di Modena.

DICONO DI ME

“Stimo la sua singolarità nel guardare il mondo, che emerge nelle sue installazioni, sconcertanti rappresentazioni del tragico cambiamento delle cose.”
Hermann Nitsch

“Attimi di sorpresa e shock, soprattutto nel corso delle sue performance, colpiscono direttamente lo spettatore con tutta la loro forza, splendore e intensità. Così reali e disorientanti allo stesso tempo.”
Michael Karrer

“L’arte di Cusumano coglie uno dei caratteri fondamentali della nostra epoca: la fluidità, il passaggio inevitabile tra i generi e i linguaggi. Oggi che i parametri tradizionali sono ormai abbattuti, i contenuti escono dai loro recinti, si riversano gli uni negli altri.”
Fabio Cavallucci

“Cusumano non teme di esplorare i più oscuri recessi dell’animo umano, al limite dell’orrore.”
Eva Di Stefano

“Cusumano intercetta una genealogia di artisti che hanno integrato elementi della tradizione rituale nella loro ricerca meta-teatrale, optando per uno stile influenzato dall’eredità della performance e da composizioni scenografiche fortemente simboliche, spesso oniriche, e penso ad esempio a Tadeusz Kantor, Einar Schleef, Klaus Michaël Grüber, Jan Fabre, Romeo Castellucci, Robert Wilson.”
Eugenio Viola

“Se al principio del percorso conoscitivo che ha animato la ricerca creativa di Cusumano vi è l’incontro con l’Azionismo viennese e la potente gestualità del suo maestro Hermann Nitsch, nei Crateri e negli Óstrakon – che rappresentano nello stesso tempo un punto di arrivo e un nuovo principio – l’Artista ritrova l’intimità della creazione demiurgica dando forma ad opere in cui pone in essere, attraverso il contatto diretto con la materia e senza sacrificare la necessità dello spirito, l’incontro fertile tra il sacro e l’ordinario.”
Giulia Ingarao

“È un’arte densa di riferimenti, colta e profonda, quella di Cusumano, ed in cui si fondono cortocircuiti culturali diversi tra oriente e occidente, dall’antica Grecia ai rituali indiani del Kerala. La “drammaturgia dello spazio” è la chiave di volta di questa sperimentazione ibrida, che, come spiega l’artista «è sempre oscillante tra l’esigenza pittorica di cristallizzare le immagini e quella di farle esplodere in una dinamica drammaturgica».”
Caterina Longo

“Questi altari di una contemporaneità scassata, a forma di mostro, squadernano ampie porzioni di nero o di bianco, ideale per appendere al chiodo la maschera e qualche stoffa. Pittura teatrale o teatro della pittura? Certo è che l’una e l’altro qui non perdono di sacralità.”
Claudio Gulli